QUESTA MATTINA LA CELEBRAZIONE EUCARISTICA E IL PRANZO CON I TRI PIRSUNI. OLTRE DIECI ALTARI ALLESTITI DA FAMIGLIE E PARROCCHIE PER GRAZIA RICEVUTA E CONDIVISIONE CON I POVERI
Le celebrazioni per San Giuseppe, cuore religioso e culturale di Ramacca, si riconfermano momento di condivisione e partecipazione, nonché di importante riflessione sul ruolo di padre nella società di oggi. Quest’anno sono ben 10 i tradizionali altari allestiti nel paese, oltre a quelli organizzati nelle due parrocchie Matrice e San Giuseppe.
Ramacca sente naturalmente con più intensità la giornata del 19 marzo, la cui organizzazione è opera dal Comitato ramacchese per i festeggiamenti di San Giuseppe, in collaborazione con l’amministrazione comunale e le parrocchie. San Giuseppe è infatti patrono della città, e tramite gli altari infatti i cittadini chiedono grazia attraverso una tradizione che ha radici secolari e che rappresenta un momento di solidarietà con i più poveri.
Stamattina si sono celebrate nelle due parrocchie le sante messe in onore del patrono, e successivamente, in piazza Umberto, si è svolto il tradizionale pranzo con i “Tri pirsuni”, in rappresentazione delle famiglie più povere, nonché il classico assaggio da “pasta co maccu”, zuppa di lenticchie e fave a cui si aggiunge la pasta, che si consuma in occasione della festa del Santo patrono.
Facciamo uno zoom sulla figura di Giuseppe. Il padre putativo di Gesù (ossia considerato così per convinzione), è persona storica le cui tracce biografiche si trovano sia nei Vangeli canonici che in quelli apocrifi (non riconosciuti dalla Chiesa come fondati sull’ispirazione divina). Giuseppe, discendente dalla tribù di Davide, e nato probabilmente a Betlemme, ha accompagnato Gesù per circa metà della sua vita, sposando Maria, donna con la quale, secondo la narrazione evangelica, ha avuto appunto come figlio il Redentore del mondo ma senza unirsi a lei. Il concepimento è stato infatti opera dello Spirito Santo.
Ma come ha sottolineato oggi, durante l’omelia, il sacerdote ramacchese Nunzio Valdini, è proprio Giuseppe che ha fatto da guida Gesù, lui l’uomo che gli ha trasmesso la fede, che ha protetto la propria famiglia. La corposità e l’intensità della figura di Giuseppe rimangono un punto di riferimento nella tradizione cristiana. Eppure, sulla base dei profondi cambiamenti che sta attraversando la società di oggi, potrebbe sorgere spontanea una domanda: quale peso ha oggi la figura di Giuseppe in un mondo che sta lavorando per riconoscere una famiglia differente da quella proveniente dalla tradizione cristiana, ossia la famiglia di Nazareth?
La risposta a questa domanda, forse, può solo ridursi a una lettura di San Giuseppe che veda, necessariamente, in lui la figura di un genitore che lotta per proteggere la propria famiglia, che dialoga con la moglie, fidandosi di lei, accettando, e non senza dubbi, la paternità di un figlio che non aveva personalmente generato. Giuseppe è per eccellenza l’uomo della fede in Dio, genitore coraggioso in grado di prendere consapevolezza dei “misteri” del proprio figlio, e il cui amore abbatte gli ostacoli. Un padre odierno, ma in generale un genitore odierno, potrebbe vedere dunque in Giuseppe un uomo capace di affrontare le difficoltà della famiglia con l’amore, un padre che indaga i propri figli e che non teme, facendo finta di niente, di riscontrare in loro incongruenze e anomalie.
In onore di San Giuseppe, come si diceva, i ramacchesi allestiscono i tradizionali altari, cioè le enormi tavole imbandite con diversi cibi, per grazia ricevuta o richiesta. Quest’anno, a Ramacca, sono dieci le famiglie che hanno allestito gli altari: famiglia Lizio Paride (via Pietro Mascagni 87), famiglia Caccamo Filippo (via Dante Alighieri 33), famiglia Conti Francesco (via XXI aprile 18), famiglia Catanzaro Santi (via Giusti 1B), famiglia Liuzzo Filippo (via Goffredo Mameli 11), famiglia Savia Salvatore (via Padre Pio 39A), famiglia Torrisi Enzo (contrada Buon Consiglio snc), famiglia Cascone Giovanni (via Crispi 71), famiglia Battiato Antonino (via Cappuccini 176), famiglia Gianninò e Giammello (via Duca degli Abruzzi 10), oltre ai due altari allestiti nella Parrocchia Matrice e nella parrocchia San Giuseppe.
Elementi tradizionali, che non possono mancare, nell’altare sono il pane “scaniàtu”, ossia lavorato in modo molto fitto su una tavola detta “scanaturi”. Il pane scaniatu viene posto al centro della tavola dell’altare in varie forme, nello specifico: a forma di corona, per indicare la regalità della famiglia di Nazareth; a forma di bastone fiorito per richiamare la “verga fiorita” in mano a colui che era designato sposo di Maria, e che indica pertanto ancora la funzione regale, nonché sacerdotale (Giuseppe è patrono della Chiesa) e profetica. Le stesse torce portate in processione sono simbolo di grazia ricevuta e richiamano appunto il bastone fiorito. A queste due forme, si aggiunge la treccia, che rappresenta Maria ed è segno dei consacrati a Dio (questi si tagliavano infatti i capelli chiusi in una treccia), e poi il pane a forma di mano con anello, che indica invece Gesù. Altri pani più ridotti vengono accostati a questi e sistemati nella tavola centrale, come quello in tre parti uguali e uniti, che simboleggia la trinità di Dio e il mondo posto sotto la sua protezione.
Una tradizione, dunque, ampia e ricca di significati, alla quale bisognerebbe accostarsi con l’intento di riscoprire le proprie origini e guardare al passato per comprendere meglio il presente.